giovedì 5 settembre 2019

Recensione: Figlie ferite dell'Africa - Denis Mukwege





Titolo: Figlie ferite dell'Africa
Autore: Denis Mukwege
Genere: Saggio
Editore: Garzanti
Pagine: 240
Prezzo: cartaceo 18,00 
Data di pubblicazione: 16 Maggio 2019


«Verrà il giorno in cui una sola voce, quella di tutto il popolo e di tutte le chiese, si leverà così forte da spazzare via le forze del male. Solo allora potremo finalmente voltare pagina.»

Da giovane medico congolese, Denis Mukwege è testimone delle difficoltà che hanno le donne incinte del suo paese ad accedere a cure adeguate. Le loro gravidanze terminano spesso in tragedie. Nasce così la sua vocazione: si trasferisce in Francia per specializzarsi in ginecologia e ostetricia e sceglie poi di far ritorno a Lemera, tra le montagne del Congo orientale. Dieci anni dopo, in piena guerra civile, fonda l’ospedale Panzi per offrire cure alle donne vittime di violenze sessuali. In quella regione infatti stupri e mutilazioni sono armi strategiche delle milizie armate: colpiscono le donne per distruggere le famiglie e quindi le strutture sociali ed economiche del luogo. Sfidando le minacce di morte ricevute, Denis Mukwege decide di portare il fenomeno all’attenzione prima del suo governo – che a lungo si ostina a negarlo – e poi della comunità internazionale, e nel 2018, per il suo straordinario impegno in difesa dei più deboli e dei diritti delle donne, riceve il premio Nobel per la Pace.

Copia omaggio fornita gentilmente da Garzanti

recensione

Buongiorno Lettori Accaniti e ben tornati sul blog.
Oggi voglio parlarvi di un romanzo che ha toccato il mio cuore fin dal primo secondo in cui l'ho visto ed ho letto la sua trama. Un libro che tratta di temi strazianti e purtroppo ancora terribilmente attuali in alcune società e che è riuscito a turbarmi profondamente attraverso il racconto delle atrocità descritte in esso. Ma partiamo con ordine, vi spiego di cosa si tratta.
"Ognuno di noi può fare la sua parte. Io credo che tutti a modo loro abbiano un ruolo, alcuni con l'impegno, altri con l'indifferenza."
Figlie ferite dell'Africa è un saggio, che io classificherei più come autobiografia, che racconta la vita di Denis Mukwege e come essa sia stata strettamente intrecciata alla scia di violenza disseminata dalle varie guerre susseguitesi in Congo. Violenza per cui le donne hanno pagato un prezzo estremamente alto.
Fin da piccolo Denis Mukwege ha avuto a che fare con i conflitti tra le varie forze governative che si sono presentate in successione nel suo paese e di cui hanno sempre fatto le spese le persone più deboli. Con un padre pastore che lo coinvolgeva nell'assistenza spirituale ai malati, per Mukwege è stato estremamente facile scoprire la sua vocazione fin da quando era piccolo ed intraprendere poi la professione di medico.
Durante i suoi anni di tirocinio diventa evidente per lui un altro grosso problema del paese: non ci sono abbastanza medici da assicurare gravidanze e parti sicuri alle donne autoctone. Questa è l'altra svolta della sua vita, quella in cui Mukwege decide di specializzarsi in ginecologia e cercare di arginare così il fiume delle donne morte di parto e di aborti non voluti.

Le cose cambiano ancora, però, quando nell'ennesimo conflitto, lo stupro e la mutilazione genitale femminile iniziano ad essere utilizzate come armi di guerra. Se le bombe possono ferire e uccidere le persone, la mutilazione e non solo, la snaturalizzazione e depersonificazione dei centri nevralgici delle famiglie congolesi, lascia una traccia di sangue indelebile in chiunque ne sia testimone e colpisce profondamente Mukwege tanto da indurlo a farne la sua missione. Inizia così per il dottore un lungo periodo di lotte, ancora ad oggi in corso, contro un crimine verso l'umanità e contro il suo stesso governo che lo vorrebbe in silenzio e che rimane sordo ai tanti interventi di denuncia del medico. Alla fine del romanzo, Mukwege rende noto al pubblico di essere costretto con la sua famiglia all'interno dei confini dell'ospedale a causa di attentati ripetuti alla sua vita, nell'indifferenza di uno stato che non lo ascolta e nella speranza che il suo messaggio venga sparso il più possibile e che vengano presi dei provvedimenti concreti al riguardo. Spero che in qualche modo questa recensione possa servire alla causa.
Per distruggere ed infangare non servono i carri armati o i cacciabombardieri: basta violentare le donne. Quest'arma permette di produrre danni paragonabili a quelli di una "normale" campagna militare ed è la ragione per cui le milizie e i piccoli eserciti regolari se ne servono. Poco importa se le vittime ci rimettono l'onore e la propria capacità empatica. In fin dei conti, si tratta di un modo molto economico di fare la guerra.
So che è necessario fare una precisazione su un termine che ho usato nella recensione per chi, come me, lavorasse nello stesso ambito di Mukwege. A me solitamente non piace parlare di "vocazione" quando ci si riferisce al perchè uno scelga una professione in ambito ospedaliero e anche quando i pazienti mi fanno presente quanto essa debba essere forte per affrontare tutti i giorni certe cose, pur ringraziandoli sento qualcosa che stride leggermente dentro di me. Perchè ho sempre pensato che definirla una vocazione sia come sminuire il fatto di voler dare una mano all'altra persona in quanto giusto ed umano e non perchè ce lo impone una religione. 
Leggere questo romanzo mi ha fatto entrare un po' nei panni dell'autore e rendermi conto che forse un aspetto non esclude l'altro e pur rimanendo del mio pensiero, accetto e rispetto questo punto di vista e spero possiate farlo anche voi. Questo è sicuramente uno dei punti più forti di tutta questa lettura, il fatto che riesca ad aprire la mente di chi lo legge con umiltà, ma anche con decisione.
Nel romanzo, inoltre, sono presenti anche numerose riflessioni sulla relazione tra stato e religione che hanno reso questa lettura ancora più interessante e stimolante. 
Attraverso la narrazione della sua storia, Mukwege mi ha svelato alcuni aspetti del nostro mondo che non conoscevo e che ora trovo impossibili da ignorare.

L'indifferenza dello stato, il fatto che un problema così grande e così straziante venga fatto passare sotto silenzio e che addirittura si cerchi di creare una cultura dell'odio nei confronti di chi invece cerca di portarlo alla luce sono fatti spaventosi che mi hanno impressionato e toccato nel profondo.
Questo romanzo urla forte il suo messaggio. In un mondo in cui noi siamo quelli fortunati, abbiamo il dovere morale di tutelare chi non lo è e renderci conto che la sofferenza altrui è una nostra responsabilità. Accettare che una situazione del genere continui ad esistere senza tendere una mano o anche solo fare qualcosa affinché le venga data la giusta attenzione è inaccettabile e l'autore lo rende più volte chiaro attraverso le sue parole.
Non riesco a raccontarvi tutte le emozioni che ho provato leggendo questo libro, sono veramente troppe e molto forti. Rabbia, sdegno, senso di ingiustizia, ma anche sollievo, commozione e speranza si sono alternati dentro di me in una montagna russa di sensazioni che ha centrato il bersaglio nella mia anima.
"Lei sa perchè sono qui, vero?
"Sì, certo."
"Vediamo. Perchè sono qui?" chiese, come se volesse mettermi alla prova.
"Desidera incontrare i sopravvissuti all'incidente dell'autocisterna."
"Esattamente", disse in tono accondiscendente. "Non sono venuto a incontrare le donne che sono state vittime di violenza sessuale."
Rimasi di stucco. Era davvero il presidente del Congo quello che avevo di fronte? Se uno è il capo dello stato deve esserlo per tutti, persone malate e persone sane. Se nel paese ci sono cittadini che temono per la propria sicurezza, ascoltarli è d'obbligo, tanto più se li si incontra nel proprio cammino. Come in questo caso.
Questo romanzo mi ha fatto venire voglia di fare di più, di muovermi per fermare queste ingiustizie e di dare il mio contributo per mettere la parola fine a questo scempio. Spero smuova le stesse emozioni in tutti i lettori.
Ovviamente ne consiglio la lettura al fine di conoscere meglio il mondo in cui viviamo e per aprire gli occhi su una realtà che esiste e che richiede un intervento immediato. E dopo averlo letto spero che, come me, possiate prendere consapevolezza che la conoscenza comporta responsabilità e che da oggi in avanti questa battaglia è diventata anche un po' la vostra, la mia.
Spero davvero che qualcosa possa cambiare e si possano fare passi avanti verso un mondo più pacifico e solidale.
Alla prossima recensione,





VOTO:
Cerchiamo insieme le soluzioni e facciamo tutto ciò che è in nostro potere. Le donne del Congo non hanno bisogno della vostra pietà, ma del vostro impegno. E se c'è una cosa che mi auguro è che ognuno dei presenti faccia la sua parte. Solo così tutti insieme potremo ottenere qualche risultato.

Nessun commento:

Posta un commento