mercoledì 16 ottobre 2019

Recensione: La città delle ragazze - Elizabeth Gilbert




Titolo: La città delle ragazze
Autore: Elizabeth Gilbert
Genere: Narrativa Storica
Editore: Rizzoli
Pagine: 496
Prezzo: 9.99€ eBook
            17.00€ cartaceo
Data di pubblicazione: 17 Settembre 2019


Feste strepitose, attori seducenti, dive egocentriche e poi musica, risate, luci che si accendono. Vivian Morris ha novantacinque anni, ma se chiude gli occhi torna a essere la diciannovenne che dopo un fallimentare tentativo al college si è ritrovata a sbirciare dietro le quinte del vivace e sgangherato teatro gestito da sua zia Peg. L'anno è il 1940, la città New York, gli ambienti sono quelli del Lily Playhouse, un odeon pazzo dove le ragazze in cerca di fortuna si offrono al mondo, all'arte, agli uomini. Vivian inciampa in questo fiume in piena e ne è trascinata via, complice il fascino di Celia, soubrette dal corpo meraviglioso e con la voce cupa da gatta randagia. Mentre la ragazza scopre di avere un talento come costumista, zia Peg la accoglie nel suo regno esploso, al centro della città più sognata e ai margini della sua ricchezza. Dove bisogna scrollarsi di dosso la provincia impressa nel passo e negli occhi. "La città delle ragazze" è la storia di un'educazione sentimentale gioiosa, la rappresentazione di un universo che non teme di mostrarsi famelico, rumoroso, fragile e mosso da un'inquietudine costante. Amato dalla migliore critica americana, che ha trovato in questa scrittura uno sguardo illuminante e onesto sulla natura e il carattere del desiderio femminile, ecco il nuovo romanzo di Elizabeth Gilbert.


Copia omaggio fornita gentilmente da Rizzoli

recensione

Buongiorno Lettori,
il romanzo di cui vi parlo oggi non è semplice da inserire all'interno di una classificazione precisa, infatti non è un rosa ma parla di amore, non è un romanzo storico, ma parla di storia e non è narrativa, ma racconta una vicenda. E’ un misto di tutte queste cose che sono state sapientemente mescolate insieme fino a formare un libro scorrevole e leggero, ma anche incredibilmente introspettivo.
La storia parla della vita di Vivian, un personaggio incredibile, ed è ripercorsa tramite una lettera che la donna, ormai anziana, scrive ad Angela, una donna più giovane. Come siano legate queste due donne, non sta a me svelarlo.
Negli anni ‘40, Vivian ha 19 anni, è appena stata espulsa da uno dei più prestigiosi collegi femminili dello stato e viene mandata a New York dai genitori che, forse stanchi di preoccuparsi di lei, la affidano alla famosa zia Peg.
La zia Peg è un’eccentrica donnetta, sposata con un famoso sceneggiatore, Bill, con cui non si capisce che rapporti abbia. Inoltre dirige un teatro decadente, il Lily Playhause, in cui recidano e danzano soubrette e aspiranti attori, intrattenendo il pubblico del quartiere. Vivian diventa, involontariamente, la costumista di questo gigante carrozzone, fatto di facce nuove e colori brillanti.

Tutte era faraonico, e decadente. Il Lily mi ricordava nonna Morris, non soltanto perchè lei aveva adorato i teatri maestosi e fatiscenti, ma per il suo stesso aspetto: vetusta, vistosa e fiera, avvolta da capo a piedi nei suoi velluti d'antan

Fin da subito la libertà che le è stata concessa e che non aveva mai assaporato prima, le da un po’ alla testa, e tra nottate in bianco, feste alcoliche e Celia, sua inseparabile compagna di avventure, trascorre degli anni spensierati. Finché, una sera, non viene coinvolta suo malgrado in uno scandalo che la costringe ad allontanarsi, proprio mentre a New York arrivano i primi segni di quella che sarà la devastante Seconda Guerra Mondiale. Ma la sua storia d’amore con la città è solo all’inizio, infatti dopo un paio d’anni, Vivian viene riportata in città dalla zia Peg, che ha bisogno di lei per intrattenere nella mensa militare gli operai e le truppe, che hanno solo quel modesto divertimento per alleviare la tensione.
Così, dopo la guerra e mille altre vicende, nel 1950 inizia la vera vita di Vivian a New York, come donna d’affari, amica e amante. Da quel momento in poi nulla potrà più fermarla.

La nostra spinta principale era il terrore di annoiarci. Ci sembrava che ogni giono avesse mille ore, e bisognava riempirle tutte, altrimenti saremmo morte di tedio. Quell'estate ci lanciammo all'assalto di New York, due invasate scatenate con un'energia tanto inesauribile che a tutt'oggi mi lascia sbalordita.
La città delle ragazze” mi è piaciuto molto. E’ scorrevole, brillante e auto ironico, racconta i fatti con leggerezza nonostante non siano sempre belli e allo stesso tempo da uno spaccato fedele della città e della società del tempo che cambia notevolmente con l’arrivo della Guerra.
Vivian è una protagonista che cade mille volte, ma riesce ad alzarsi sempre, nonostante non abbia un piano preciso della propria vita. Quello che mi ha colpita particolarmente è la sua indole attiva e brillante, che non perde con il passare del tempo. Dalle sue parole traspare sempre voglia di fare, voglia di assaporare la vità in tutte le sue sfaccettature, anche le più oscure, e una profonda accettazione della realtà. Infatti Vivian è un personaggio che nella sua vecchiaia ha fatto i conti con la propria vita, quella di una persona che non si è fermata ad aspettare o riposare, che non ha perso tempo inutilmente, ma che ha accettato con relativa serenità quello che le è accaduto e ha reagito con grinta.

Io e Marjorie ci eravamo messe in affari principalmente per soldi. Nel mio caso, c'era anche la voglia di esercitare la mia arte, da cui avevo sempre tratto grandi soddisfazioni. Un terzo motivo era che non sapevo proprio cos'altro fare di me stessa. Ma non avevo previsto quale sarebbe stato il più grande regalo concesso dalla nostra attività: l'ondata di calore e tenerezza che mi invadeva per ogni singola futura sposa che affidava alle mie mani il suo giorno più importante.
Vivian cambia faccia e si reinventa ogni volta che la vita le dà un duro colpo, sa accettare i cambiamenti con serenità, come la fine di un’era e l’inizio di qualcos’altro. Inoltre è una donna dalle mille risorse, forte e intraprendente, crede nell’indipendenza e anticipa molte delle battaglie femministe che arriveranno in seguito. Lei e la sua amica, nonché socia in affari, Marjorie vivono da sole, lavorano in maniera indipendente e decidono anche di crescere un figlio Nathan senza la presenza del padre (allora considerano necessario).
Insomma, un vero esempio di indipendenza e libertà che, dopo tanti anni trascorsi a inibire il proprio essere, le sembrano necessarie per vivere.

Consiglio questo libro a chiunque voglia leggere una bella storia, leggera, ma che faccia riflettere, storicamente ben collocata, irriverente e divertente.
Elisabeht Gilbert si è superata con questo romanzo, davvero.
Spero di avervi interessati, ci vediamo alla prossima recensione,






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