venerdì 28 giugno 2019

Blogtour: Quando arrivi, chiama — Anna Mittone



Buongiorno lettori. Oggi affrontiamo la tappa di un blogtour molto speciale. Il romanzo si intitola Quando arrivi, chiama ed è di Anna Mittone, perciò è tutto italiano. Edito da Mondadori, questo romanzo affronta svariati temi, tra cui quello scelto da me come approfondimento: l'attentato. Parlandone con il massimo rispetto, vi invito a seguirmi fino in fondo, sperando di potervi strappare anche qualche sorriso. 



Titolo: Quando arrivi, chiama
Autore: Anna Mittone
Genere: Narrativa Contemporanea
Editore: Mondadori
Serie: / / 
Pagine: 180
Prezzo: 9,99 € (ebook) - 18,00 € (cartaceo) 
Data di pubblicazione: 25 Giugno 2019


Tra madre e figlia si alternano momenti di grande complicità ed epiche sfuriate - la normalità, insomma - fino al giorno in cui Emma parte con la sua classe per un viaggio di studio che la terrà lontana da casa per un anno, in Canada.
Silvia l'accompagna all'aeroporto insieme a Luca, il suo ex marito e, proprio quando pensa che quella giornata non potrebbe contenere più emozioni di così, un drammatico imprevisto la inchioda alle sue peggiori paure: un attentato terroristico sconvolge l'aeroporto Charles de Gaulle durante lo scalo dei ragazzi.
In preda al panico, Silvia decide su due piedi di partire per Parigi insieme a Michele, il padre di un compagno di Emma, conosciuto poche ore prima all'aeroporto.
I due salgono in macchina diretti in Francia e, in un clima di dolorosa incertezza, dandosi il cambio alla guida tra una lacrima e una battuta per sopravvivere, durante quel lungo on the road avranno l'occasione di conoscersi.



Copia omaggio fornita gentilmente da Mondadori

blogtour: l'attentato.

Buongiorno lettori accaniti! Come avete potuto constatare poco fa, oggi vi parlerò di un romanzo che mi è piaciuto molto, che è stato a tratti doloroso e a tratti mi ha fatta sorridere. Quando ho scelto la tappa di approfondimento per questo libro mi sono catapultata, lo ammetto, su questo tema poiché, da viaggiatrice quale sono, mi sta a cuore. Il tema dell'attentato non è qualcosa di semplice da gestire e io tenterò di farlo nel miglior modo possibile, con rispetto soprattutto. Spero mi seguirete fino alla fine. Il romanzo di cui vi parlo è Quando arrivi, chiama di Anna Mittone. Lo ammetto, se non avessi visto la sua biografia per me sarebbe stata un'estranea. Non ho guardato le serie tv per cui è stata sceneggiatrice, né ho letto le due commedie che ha scritto per Piemme. Il suo esordio con Mondadori è il mio esordio nei confronti dei suoi romanzi e della sua scrittura che, comunque, mi è piaciuta. Questo romanzo è un libro di narrativa contemporanea e, a onor del vero, non credo ci siano temi più attuali tra quelli trattati nella storia.

Recupero il telefono dalla borsa e guardo il display. YoungTravel. L'agenzia che ha organizzato il viaggio di Emma. E in quell'istante anche il cellulare di Michele ricomincia a squillare. 

Accade così. Senza che qualcosa dia una sorta di preavviso. Un momento prima sei spensierato, benché preoccupato perché tua figlia o una persona che ami è in viaggio e si sta allontanando da te. Subito dopo sei gettato nel panico più assoluto. ‘‘Chissà cosa avranno da dirmi!’’ o ‘‘Perché continuano a chiamarmi? Avrà dimenticato qualcosa?’’. Nessuno pensa mai alla tragedia. Ed è giusto che sia così, non trovate? Si parte per andare all'avventura, per iniziare una nuova vita, di certo non si viaggia per andare incontro alla morte e alla sofferenza. Si viaggia per andare a lenire quella morte e quella sofferenza. Quando guardate i telegiornali, la realtà è quasi distorta. ‘‘Poteva succedere a me’’, ma non è successo. Perché tu eri a casa. Al sicuro si pensa. Non eri su un aereo o nel centro di una città, allegro e spensierato. 
Questo è il primo pensiero che mi passa per la mente quando si parla di attentato. Siamo vicini alle vittime, facciamo a gara per la solidarietà, ma la verità è che spesso siamo estranei e non fraintendetemi, è una fortuna. Perché il panico e il dolore non sono immaginabili né per chi affronta la questione in prima persona né per chi è in panico e alla disperata ricerca di sapere come i suoi cari stiano. Perché quando un numero vi chiama e vi dice ‘‘C'è stato un attacco terroristico’’ tutto ciò che si riesce a fare è pregare che la persona coinvolta stia bene. La corsa a chiamare, a disperarsi e a farsi forza. ‘‘Starà bene, è forte’’. Nessuno parla mai di quanto, in realtà, quegli istanti sembrano non passare mai. Di come il terrore ti dilania e la paura prende possesso di te e ti spinge a fare cose irrazionali come Silvia e Michele che, pur di avere notizie dei figli, decidono di andare in auto in Francia, per cercare risposte. Per poter riavere i loro figli e stringerli tra le loro braccia. 

Un attacco terroristico.All'aeroporto Charles De Gaulle c'è stato un attentato terroristico. Uomini armati. Esplosioni. Spari. Corpi di uomini e donne a terra. Sangue. Una di quelle cose orribili che di solito capitano altrove, agli altri, lontano, e che invece sta capitando a Emma, a me. Un attacco terroristico.

È una chiamata a cambiare tutto. Vi rendete conto di quanto potere ha una chiamata? Può darci speranza o distruggerci. Può farci andare nel panico, può farci trasformare in mostri arrabbiati. Una chiamata e quello che eravamo pochi minuti prima zac, sparisce. Non credo esistano parole per questo e se esistono io non ne ho trovate. Rannicchiata nel mio letto, al sicuro, mentre leggevo le sorti di Silvia, Michele, Emma e Paolo, mi sono domandata più volte se, durante uno dei miei viaggi, fosse toccato a me. Se, durante uno dei miei viaggi, quella chiamata fosse arrivata ai miei genitori. Quello che ho vissuto nella mia breve vita non sarà mai paragonabile a ciò che ho letto e spero che, non accada mai. È difficile da spiegare, ma leggendo mi sono sentita come esattamente come Silvia e sebbene non sia lo stesso, l'angoscia e il tormento che provo quando una persona a cui tengo è lontana le provo anche io ed è difficile accettare di non poter fare nulla di concreto. Eppure Silvia e Michele hanno preso la macchina e sono partiti. Hanno attraversato l'Italia per andare a riprendersi i loro figli e ciò è senza alcun dubbio paradossalmente pericoloso e coraggioso allo stesso tempo. Non voglio immaginarmi al loro posto, né al posto dei figli. Non credo di poter essere così coraggiosa se devo essere sincera. Mentre leggevo il romanzo, il coraggio di Silvia e Michele si percepiva pagina dopo pagina, così come ogni altra emozione. Un turbinio vorticante di sensazioni che mi hanno presa e mi hanno trascinata con loro dentro il romanzo donandomi una forza che non pensavo nemmeno di avere. 
È stato difficile terminare questo libro. La paura che Emma morisse, il dolore che avrei provato proprio come se fossi sua madre — è stato tutto molto intenso. Eppure quando decide di ripartire, mi sono vista in lei. 

«Non hai paura?» le ho chiesto terrorizzata.«Avrò sempre paura, mamma. Ma insomma... bisogna vivere, no?»

Queste parole mi hanno scossa. Una ragazzina di diciassette anni, vittima di un attentato che proprio da vittima ha deciso di vivere. Sì, perché questa è la cosa importante. Nonostante il terrore, nonostante il sangue e la paura è questo il messaggio che deve passare a mio avviso: mai smettere di vivere o vincerebbero loro. Tanti sono i morti che, per caso, si sono trovati nel luogo sbagliato nel momento sbagliato, ma stavano vivendo. Non si sono fermati a pensare a cosa sarebbe potuto succedere. Hanno vissuto ed è quello che dobbiamo fare noi, perché non sia vano ciò che è successo, perché loro non devono averla vinta, mai. Vivete e, per usare una semi citazione, rendete straordinarie le vostre vite! 
Penso di aver terminato con il mio approfondimento. È stato difficile e spero di non aver offeso nessuno. Ho parlato a cuore aperto e credo che questo sia importante. Questo romanzo fa riflettere tanto e sicuramente ve lo consiglio, è davvero bellissimo. 

Alla prossima, 












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