martedì 31 gennaio 2017

Segnalazione + Estratto: La Farfalla d'Ombra - Yali Ou Ametistha

Oggi voglio parlarvi di un fantasy, che non è proprio un fantasy, di un romance, che non è solo un romance, di un erotico, che non è solo un erotico... insomma è un genere a parte, ma parla di vampiri e questo mi elettrizza da morire.






Titolo: La farfalla d'Ombra
Autore: Yali Ou Ametistha
Editore: self published
Pagine: 563
Data di pubblicazione: 29 Dicembre 2016 
Genere: Fantasy
Prezzo: 16.12 € copertina flessibile
5.99 € ebook



Molte volte mi è stato chiesto di raccontare come fossero andate realmente le cose e io non mi sono mai decisa a ripercorrere la mia vita con la memoria, perché per chi cammina sulle sue gambe da così tanto tempo come me, ricordare diventa un gioco troppo crudele. Ho anche provato ad ignorare ciò che è rimasto dei miei diari, ma non ho mai sopportato i buchi nelle librerie, i lampadari a cui manca una candela o una lampadina, i quadri storti e gli sportelli aperti; quindi, come resistere alla tentazione di rimettere insieme le pagine perdute?
Chi mi conosce sorride per il mio modo bizzarro di esprimermi, e vi chiedo pazienza, vi chiedo di perdonare il mio idioma, poiché esso è l’insieme delle lune che sono sorte sulla mia pelle, dei passi che ho messo uno in fila all’altro, delle lingue che ho appreso e parlato, dei luoghi che ho visitato e delle anime che ho preso.
Non sono una scrittrice, pertanto è senza maestria che vi racconterò la mia storia.
La Farfalla d’Ombra.



In anteprima un estratto dal primo capitolo del libro


"Santa Cleopatra gravida di scimmie impertinenti" mi guardavo allo specchi pietrificata e rassegnata, sollevando le pesanti stoffe dell'abito color rubino, e provavo per me una pietà infinita.
"Sembro quasi una vera sposa".
"Solo se togliamo la vostra espressione dalla faccia però".
Mio fratello era appoggiato a braccia conserte alla cornice della porta emi guardava con l'espressione divertita.
Sivyel! Non prendetevi gioco di me, la faccenda è più seria; per me potremmo togliere la faccia e tutto ciò che ne viene appresso" pronunciai il mio disappunto adocchiando la piccola finestra che dava sul giardino, continuando a rimirarmi sempre più avvilita.
Sentii Sivyel segnare con il suo passo il pavimento della stanza.
"Lo vedo, lo vedo sorellina! Siete un fiore, ma che dico un fiore? Un intero cespuglio di rose. E non dimentichiamoci delle spine naturalmente, che sono la parte migliore di voi". Il tono canzonatorio di Sivyel era accompagnato da una risata allegra. "Gli ospiti cominciano a domandarsi dove sia finita la sposina". 
Fin da piccola, quando ero arrabbiata, quando volevo sfuggire alle lezioni o semplicemente per un "no" della nutrice, mi rifugiavo nella stanza di mio fratello, nell'attesa ch'egli arrivasse per farmi ridere. Lui ci riusciva sempre, tranne quel giorno.
"Ma lo avete visto Sivy? E' più vecchio di nostro padre!".
L'espressione beffarda di mio fratello si rabbuiò lievissimamente mentre si avvicinava. Era un poco più alto di me, aveva i capelli di un biondo rossiccio, simili ai miei come consistenza ma non di colore, infatti io li avevo di un rosso acceso molto intenso.
Sivyel aveva preso gli occhi verdi da nostra madre, mentre io avevo ereditato quelli di mio padre: neri e profondi.
A guardarci non ci somigliavamo molto, a parte il naso la costituzione esile ma non dall'aspetto malaticcio.
Mio fratello era un abile spadaccino e il suo fisico asciutto gli permetteva di essere veloce e difficile da colpire. Era un fascio di nervi. Un ragazzaccio che non sarebbe mai cresciuto, nonostante il languore che lo contraddistingueva e che lo faceva apparire perennemente annoiato.
"Sì, è più vecchio di nostro padre, ma è una brava persona. E poi, beh, farete come fanno tutte le mogli che si rispettino".
"Cosa dovrei fare?". dissi con tono retorico, storcendo il naso.
Lui vece una risatina complice. "Per salvaguardare la facciata, potrete sacrificare il vostro letto con chi più vi aggrada. Credete che il buon vecchio Lord Thremoon non l'abbia già messo in conto?".
Le sue parole mi fecero riflettere e quasi mi sentii mancare.
"Tutta colpa di quella gatta morta! Tutta colpa sua, ma io non ne voglio più sapere, da oggi lei non esiste più, da oggi potrebbe anche creparmi davanti agli occhi e io non alzerei un dito! Giuro che per lei non sprecherei neanche una parola di conforto!".
L'espressione di mio fratello divenne affranta. Si rendeva conto che le mie labbra non potevano partorire altre parole all'indirizzo di colei che possedeva la colpa di tutto: nostra madre. Anche lui la odiava per quello che mi aveva fatto.
Aveva architettato le nozze tra me e il padrone delle terre che confinavano con le nostre, ma che a differenza delle nostre si estendevano per giorni di cammino. Noi eravamo nobili, ma non eccessivamente ricchi. Da ostentare avevamo il nome, non le proprietà. Questo matrimonio avrebbe rimpinguato le casse della mia famiglia e il prestigio del nostro blasone. Che donna meravigliosa era mia madre! Ha fatto svuotare le tasche sul tavolo a mezzo paese per scegliere quale fosse il conto più ricco sul quale depositare l'unica sua figlia femmina. La cosa più buffa era che nella sua ingenua ignoranza si aspettava che  io le fossi riconoscente. Sembrava non vedere l'ora di sbarazzarsi di me. Per tutta la mia esistenza mi aveva addestrata, come si fa con i cani, per potermi esibire e vendere al mercato.
Quello segnò la rottura definitiva fra me e lei. Dopo che ebbi pronunciato il mio sì e mia madre venne a baciarmi sulla fronte, io volsi lo sguardo nel nulla, come se fosse invisibile.
Credo che presa dai festeggiamenti non se ne fosse nemmeno accorta. A mio padre, che tanto avevo amato, andò il mio sdegno. Egli sapeva perfettamente quanto mi costasse quel sacrificio, sapeva bene che il suo accondiscendere avrebbe consegnato il mio spirito e il mio cervello ad una prigione fatta di carne ed ossa.
Avrei preferito mille volte rinchiudermi in un tempio di clausura piuttosto che diventare la moglie di un uomo che mi disgustava e che avrebbe preteso non solo che fossi sua moglie sulla carta, ma anche fra le lenzuola. Avevo visto molte compagne della mia infanzia sposare persone che magari conoscevano solo il giorno delle nozze e non riuscivo a concepire il fatto che nessuna di loro si fosse mi ribellata o lamentata in seguito. Vedevo in loro una rassegnazione che mi faceva perdere il lume della ragione. Una condizione per me impossibile da comprendere.
Quest'idea mi ripugnava. Mio padre mi ripugnava. Non capivo perché proprio la sua adorata principessa dovesse essere immolata per una causa della quale in fondo anche a lui non importava nulla.
Tutto per quella donna priva di scrupoli, sentimento e lume dell'intelletto della mia genitrice, per il suo compiacimento.
Senza nemmeno dirmi due parole di conforto, evitando di affrontarmi, mio padre diede il suo beneplacito ed io, intimamente, non ero più loro figlia.
Sivyel diede un'occhiata di sotto, dalla finestra, e si sfilò la cintura d'arme, posando la sua spada con il fodero di cuoio sul tavolone. "Nostra madre ha detto che in questo giorno di gaudio non vuole vedere armi indosso a nessuno" interruppe i miei pensieri, forse per stemperare la pesantezza del silenzio calato fra noi.
"Sivyel, io voglio morire, non voglio arrivare a questa notte. Non voglio mettere nemmeno una mano su quel dannato letto". In uno slancio balzai via dalla poltrona e mi gettai ai suoi piedi. "Vi prego, aiutatemi, non voglio stare con quel vecchio!" singhiozzai supplicandolo di aiutarmi. Lui si piegò su di me cercando di rialzarmi. "Yalihta, ma come posso aiutarvi? Sapete che farei qualsiasi cosa per voi, ma ormai, cosa potrei fare?".
Implorante mi stringevo a lui, i singhiozzi mi scuotevano, facendomi tremare la voce. "Non dite bugie, voi sapete come aiutarmi, io lo so. Aiutatemi, non voglio tornare al banchetto!" deglutii a fatica, poi, staccandomi da lui e avvicinandomi allo specchio, mi obbligai a calmarmi asciugandomi gli occhi,
"dubito che le mie lacrime servano a qualcosa. Nemmeno voi mi aiuterete!". Sivyel rimase impotente davanti a me. Sapeva bene che la mia fuga, il mio rifiuto a concedermi, avrebbe significato problemi e umiliazioni per la nostra famiglia. A me non importava nulla. Potevano anche finire in miseria, io per prima. Li odiavo tutti, tutti quanti.
"Sorella mia, se potessi vi porterei via. Ma non posso". Si limitò a dirmi questo, avvicinandosi a me, sbirciando di nuovo dalla finestra. "E' quasi il tramonto, ci sono tante di quelle persone là fuori che a breve faranno un'ombra unica. Sfido io a riconoscere qualcuno là in mezzo, e poi...se vi affacciate dall'altra parte, potrete gusta un ottimo panorama".
Lasciò le finestre spalancate e mi venne vicino; mi guardò dritto negli occhi, come a imprimere il mio volto nella memoria e infine mi baciò e si allontanò verso la porta. Prima di uscire dalla stanza aggiunse:" Vi lascio in consegna la mia spada. Badate bene che non arrugginisca".
Non mi ero nemmeno voltata che quella frase mise in modo dei meccanismi a catena nella mia mente. Avrei voluto dirgli qualcosa ma non me ne diede il tempo.
Dovevo ragionare in fretta, organizzare tutto.
Da dove sarei uscita? Come avrei fatto ad allontanarmi senza destare sospetto? Girai lo sguardo nella stanza alla disperata ricerca di qualcosa, di un'ispirazione.
Gli occhi si posarono sull'armadio di Sivyel e l'idea mi investì in pieno. Prima di ogni altra cosa, rinvigorita da una nuova febbrile speranza e dalla paura, spinsi il mobile di legno dorato davanti alla porta, e poi ne bloccai la maniglia appoggiandovi sotto un porta candele vuoto. Chiusi a chiave la porta e mi levai il vestito da sposa strappandomelo di dosso colta dalla frenesia, odiando la miriade di gonne e sopravvesti che ci infiliamo l'una sull'altra come il fabbro quando ha finito di preparare i ferri per i cavalli.
Presa dai preparativi mi dimenticai di respirare.
Rovistai fra i suoi abiti e cercai di sistemarmi addosso come meglio riuscivo un paio di calzoni neri ed una camicia bianca.
Poi trovai una giubba che cercai di allacciare lottando contro il tremolio frenetico delle mie mani gelate. "Calmati Yalihta, calmati" continuavo a ripetermi per ogni cosa che facevo.
Raccolsi i capelli in una treccia che infilai dentro la camicia, ma mi facevano una strana gobba sulla schiena, allora presi il tagliacarte e tranciai di netto la treccia a metà della schiena, riempiendo il pavimento di seta vermiglia. Cercai di non pensarci, ingoiando l'amarezza, affogandola nell'urgenza che mi aggrovigliava le budella.
Continuai il travestimento calandomi in testa un cappello e legai la spada di Sivyel attorno alla vita. Era troppo lunga e pesava, un po' troppo ingombrante per le corse che probabilmente avrei dovuto affrontare, così misi la cintura a tracolla, nascosta dalla giubba, con il manico della spada che spuntava da dietro il collo. Il peso era tale da sbilanciarmi, ma non era nulla in confronto al peso che mi sarei tolta.
Da quel momento in poi, accadde tutto molto in fretta.
Sgattaiolai fuori dalla piccola finestra, quella che dava verso Ovest, dove sarebbe stato più difficile scorgermi. MI nascosi fra i cespugli con il fiato corto. Ovunque c'erano persone, signore con grandi cappelli e uomini agghindanti a festa. Mi sarebbe bastato attraversare il prato per raggiungere alla boscaglia più avanti.
[...]
Così ebbe inizio la mia vita.




Se siete indecisi , è disponibile un estratto dall'estensione maggiore seguendo questo link (tutto il primo ed il secondo capitolo)



Yali Ou Ametistha nasce a Venaria Reale nel 1977. È fotografa, stilista, costumista, grafica, appassionata di marketing, lettrice e scrittrice.
Possiede due diplomi: uno come maestro d’arte e l’altro come disegnatrice di moda e costume. Nel corso degli anni, ottiene varie specializzazioni tra cui: fotografia, ripresa e montaggio video, disegno e studio dei tessuti, canto, marketing e grafica. Raccoglie tutte le competenze che ha accumulato e si butta nel mondo del lavoro. Viaggia, ma ritorna a Torino, la città in cui ha vissuto da quando è nata. Dopo aver fatto esperienza nei settori più disparati, molla tutto, si trasferisce a Firenze e comincia a costruire il mondo di Steam Butterfly,un multilab dove nascono abiti da sposa, costumi d’epoca, cappelli stravaganti, servizi fotografici, copertine di libri… e libri.


Potete acquistare il libro qui e qui

Si è occupata dell'editing e dell'ufficio stampa Daze, di House of Books, passate dal suo sito per trovare altro materiale succulento!


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