martedì 10 gennaio 2017

Recensione: Necrotica. Trama di un sogno e sottile raso d'incubo - Jessica ScarlettRose Tommasi

Buongiorno Care Lettrici Accaniti! Approfitto di questo post per augurarvi un felice 2017! Vi auguro di leggere molto, imparare tanto e amare ancora di più!
Fate di questo anno il VOSTRO anno!




Titolo: Necrotica. Trama di un sogno e sottile raso d'incubo
Autrice: Jessica ScarlettRose Tommasi
Genere: Gothic/Dark Fantasy
Data d'uscita: 19 marzo 2016
Pagine: 95
Prezzo: 0,99€ (ebook), 6€ (cartaceo).







L’Immortalità ha da sempre affascinato l’uomo. Sacerdoti, alchimisti, ricercatori basano i loro studi per prolungare la vita umana quanto più possibile, per combattere la paura della morte. Poi ci sono i Vampiri. Il lapislazzulo non protegge dalla luce del sole, che è rigorosamente vietata. I sentimenti scemano pian piano, lasciando solamente una gran collera dentro di te, una furia incapace di essere colmata anche col sangue. Doversi attenere a Patti Antichi andando contro il tuo essere, dover rifuggire le persone che si amano, con cui si è stretto un profondo legame. Dover mentire sulla propria identità, sulla propria età, mostrarsi più stolti ed ignoranti di quanto non si è davvero. Dover custodire il segreto dei Secoli passati. Dover combattere contro superstizioni umane. È la dannazione, non il raggiungimento della Perfezione. I Figli vanno scelti con cura. Coloro che hanno un animo predisposto all’adattamento e alla sapienza. Coloro che sono pronti a rinunciare a tutto, senza paura, seppur con riverenza. Coloro che non pongono mai interrogativi, ma sottomettono il loro volere ai più Anziani. Coloro che sono fedeli e che mai mostrano pentimento. Quindi pensateci. Pensateci prima di compiere un passo su un terreno instabile e pregno di dolore, di rabbia, d’insoddisfazione, di vendetta. Questa è la Condanna più grande che Dio potesse dare.
Secoli or sono
uomini,
assaliti dalla disperazione,
sancirono patti
con forze primordiali.
Il loro dolore divenne
fuoco che bruciò la fenice
del loro spirito.

Necrotica è un libro difficile da recensire, forse proprio perché è un “non-libro”.
Ovviamente tutto quello che sto per dire è soggettivo e, come tale, po' essere smentito dall’implacabile giudizio di un lettore più accorto o meno superficiale (?) di me.
Cosa cerchiamo in un libro? A me piace trovare una storia solida, ben costruita, appassionante, intrigante; dei personaggi completi, pensati a 360 gradi e caratterizzati con criterio. Mi piace anche un’ambientazione definita, un lessico evocativo, una prosa scorrevole, un ritmo medio-veloce… e chi più ne ha più ne metta. Ma il punto è proprio questo: quando mi sono trovata davanti a Necrotica ho dovuto mettere da parte tutti questi standard e semplicemente cercare di gustarmi quello che stavo leggendo, perché nulla di ciò che conoscevo sembrava funzionare.
Non sono un’esperta di poesia, per cui perdonate i termini maccheronici con cui parlerò di Necrotica e iniziamo, finalmente.


Diciamo che Necrotica è essenzialmente un viaggio, intrapreso da un lettore ingenuo che, ad un certo punto della lettura, comprende di non essere diretto da nessuna parte e allora non può far altro che godersi il tempo trascorso a camminare.
Mentre cammina attraversa città, locande e grotte scure come la notte. È costretto ad immergersi in realtà e sentimenti non suoi, mentre tutto è offuscato da un sottofondo di malinconia.
La malinconia è il protagonista indiscusso di questa raccolta di poesie. Ogni riga ne è satura e questo è il motivo principale per cui ho impiegato così tanto tempo per scrivere la recensione: potevo leggere solo poche pagine alla volta, per non venirne sommersa. La verità è che queste poesie (sebbene non sia un’amante del genere) non possono lasciare il lettore indifferente perché, nonostante non riguardino direttamente temi familiari, portano alla mente sensazioni che ognuno di noi ha provato, almeno una volta nella vita.

Mormorava idiomi sconosciuti
sognava spesso di sorvolare
pianure
disseminate di papaveri
in veste di corvo
dai luccicanti occhi pece.

Il racconto, espresso tramite un centinaio, o forse meno (lo ammetto, non le ho contate), di poesie, parla delle sensazioni di una vampira, non ben consapevole del proprio stato di non-morte. La sua mente oscilla tra la coscienza del mondo che la circonda e il sovrannaturale che le scorre nelle vene.
Attraverso i suoi occhi entriamo in un mondo dai confini indefiniti, in cui i valori che conosciamo non valgono più. L’unica cosa davvero importane sono gli impulsi del corpo e il bisogno primo di sopravvivere.
Le mere questioni umane (i soldi, il successo, le gioie, i dolori…) non hanno più senso nell’esteso arco temporale della vampira; lei riesce a guardare il mondo con distacco ed è come se ne vedesse la vera natura, come se conoscesse già i meccanismi che regolano la vita umana e sapesse prevederli, prenderne parte e giocare con essi, incastrandosi tra una rotella e l’altra senza dare dell’occhio. Lei è ovunque, ma allo stesso tempo da nessuna parte. È la parte più nascosta di ognuno di noi, la parte primordiale.

Sono tra di voi, lavoro come voi, vivo in una normale casa, pago i miei vestiti, ricevo pagamenti dai miei committenti. L'economia è, oggi, il metro che misura quanto si può essere accettati nella società umana. Ciononostante non ho interesse ad andare oltre, a palesarmi maggiormente. La mia è solo un’innocua leggerezza per passare il tempo, per osservare che succede, per essere parte dell'evoluzione e di dove essa vi stia conducendo.


Ora arriviamo al punto dolente della recensione: lessico e stile.
Posso valutare una cosa che oggettivamente non conosco bene? No, non posso. Sarebbe ipocrita da parte mia fingere di conoscere e comprendere qualcosa che invece non mi appartiene. Per cui esprimerò un parere sommario (scusate) e forse un po’ banalotto, ma voglio comunque scriverlo nella speranza che questo possa, in minima parte, accrescere il merito dell’autrice.


Le poesie mi sono arrivate; a volte non le ho comprese, a volte ho dovuto rileggerle, a volte ho cambiato pagina senza capire, ma MI SONO ARRIVATE. Questo è l’importante in un libro, a mio avviso, e tanti degli altri parametri espressi all’inizio sono una specie di contorno alla scrittura e alla storia, necessari ma non sufficienti.
Il lessico è più che adeguato e sfido chiunque a far di meglio in uno stile di scrittura così complesso e arzigogolato. Evocativo lo è di certo, anche se non sempre chiaro.
Consiglio questo libro a chi ha voglia di leggere qualcosa di diverso e sperimentare cose nuove, con la raccomandazione di avere una mente aperta e di gustarsi il viaggio attraverso il mondo di Jessica.





VOTO:

La meta non è un posto
Ma è quello che proviamo
E non sappiamo dove
Né quando ci arriviamo
"Ti ho voluto bene veramente" Marco Mengoni




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